I consigli di Harry Quebert per diventare uno scrittore

La sesta regola di Harry Quebert

Quanti di voi, dopo aver letto la quinta regola, si sono infilati la tuta e si sono messi a correre?

L’altra volta abbiamo parlato di come, ad un certo punto, sia inevitabile per uno scrittore avere un blocco, porsi delle domande, rivedere i propri scritti e avere mille dubbi.

Come fare in questi casi?

Uscire, liberare la mente o, per usare l’esempio concreto del Prof. Quebert, mettersi a correre!

Vedi la quinta regola di Harry Quebert

Oggi affrontiamo insieme un altro punto che riguarda i sacrifici degli scrittori…

Regola 6/31: scrivere può diventare molto doloroso

“Marcus, gli scrittori sono esseri così fragili perché possono subire due tipi di dispiaceri sentimentali, ossia il doppio rispetto alle persone normali: le pene d’amore e quelle artistiche. Scrivere un libro è come amare qualcuno: può diventare molto doloroso.”

E’ risaputo che gli scrittori hanno una spiccata sensibilità e la capacità di vedere delle cose che altri non notano.

La bravura di uno scrittore non è solo quella di riuscire a raccontare, descrivere, spiegare ma quella di far immedesimare il lettore, coinvolgerlo e fargli provare emozioni vere.

Quante volte ci è capitato di leggere un libro e considerare i personaggi come degli amici da cui è difficile separarsi?

A me è capitato molto spesso!

Il paragone di Quebert è molto forte: scrivere un libro è come amare qualcuno, può diventare doloroso.

Perché può diventare doloroso un’attività così bella e nobile come scrivere un libro?

Credo che la risposta non sia così semplice:

innanzitutto perché nello scrivere si butta su carta tutto il proprio essere, è un impegno e uno sforzo che può dare innumerevoli soddisfazioni e allo stesso tempo costa tanti sacrifici.

Scrivere un libro richiede costanza, abnegazione, carattere e forza di volontà, non tutti possono farlo e non tutti sono in grado di affrontare le conseguenze.

Quali sono?

Le critiche dei lettori, i commenti poco gentili, le stroncature, la difficoltà a proseguire, i dubbi sulle parti già scritte.

Il mondo è bello perché è vario” recita un famoso detto ed è proprio vero. Non tutti hanno gli stessi gusti, il vostro scritto verrà amato da qualcuno e odiato da altri, forse addirittura voi stessi finirete per prendere le distanze dal frutto del vostro lavoro.

Potrete vincere un premio più o meno ambito o cadere nel dimenticatoio e finire nel limbo dei tantissimi titoli che rimangono sconosciuti tra i cataloghi.

Questo dipende dalla qualità del vostro scritto e dalla volontà con cui lo pubblicizzerete.

Come dico spesso, il vostro lavoro non finisce quando avete in mano il libro fresco di stampa,perché in quel momento ne comincerà un altro altrettanto impegnativo e difficile: la promozione.

E’ bellissimo il paragone di Quebert: “scrivere un libro è come amare qualcuno“, pensate a come nasce una storia d’amore: la curiosità, gli sguardi, l’emozione, il batticuore, la voglia di stare sempre insieme..

poi il sentimento si rafforza, con il tempo viene a mancare quel guizzo di novità che dava una scarica di adrenalina ma la gioia e la serenità che infonde la presenza di quella persona, è impagabile.

Stessa cosa succede quando si scrive un libro: la passione è grande, la voglia di aggredire le pagine anche, il bisogno di scrivere scrivere scrivere e poi…

e poi boh, cominciano le piccole difficoltà e gli imprevisti:

come procedere? come terminare?

modificare alcuni personaggi o lasciarli così?

piacerà agli altri?

riuscirò a farmi pubblicare?

Quante volte un autore si è arenato davanti a queste domande?

Ecco la sofferenza di cui parla il Professor Quebert!

Scrivere un libro: sofferenza o gioia?

Non ci sono alternative tra i due stati d’animo perché scrivere un libro E’ sofferenza ed E’ gioia, si mescolano, si alternano, si nascondono ma convivono.

Di una cosa vi posso assicurare: se il vostro sogno è scrivere un libro, fatelo, non rinunciate al primo blocco, non mollate al primo commento negativo ma andate avanti per la vostra strada!

Perché la critica di un qualunque signor X deve stroncarvi e farvi desistere?

Magari semplicemente non è il suo genere.

Vi faccio un esempio: qualche tempo fa ho letto “Il giovane Holden” di J.D. Salinger, a detta di tutti un capolavoro. Beh, a me non è piaciuto per niente: la trama, la scrittura, i contenuti.

Personalmente non capisco come sia passato agli annali come un must.

Ma chi sono io per criticare il grande JD Salinger? Nessuno, ho solamente espresso il mio parere che, in quanto tale, va rispettato ma non necessariamente condiviso.

Quindi, tornando a voi, perché il commento negativo di qualunque persona potrebbe farvi desistere? Se credete in quello che fate, andate avanti, accettate le critiche costruttive, prendetele in considerazione e magari usatele per migliorare il vostro testo ma le cattiverie, quelle cari scrittori, accantonatele senza indugi.

 

Spero che questa regola vi possa servire nel lavoro di scrittura e stesura del vostro libro, vi rimando al prossimo appuntamento con il settimo consiglio di Harry Quebert e vi invito a vedere le altre se ve le siete perse:

1/31 Il primo capitolo è fondamentale

2/31 Il secondo capitolo è importante

3/31 Tutti sanno scrivere ma non tutti sono scrittori

4/31 L’importanza di saper cadere

5/31 Se hai dubbi su quello che stai facendo, mettiti a correre

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